La Ditta Furga
La prima fabbrica italiana di bambole ha avuto origine a Canneto sull’Oglio intorno al 1880, grazie all’intuito imprenditoriale di un nobile mantovano, Luigi Furga Gornini.
Luigi risiede a Mantova, dove era nato nel 1828, ed è solito trasferirsi, per diversi mesi l’anno, nella propria residenza di Canneto sull’Oglio. Presumibilmente intorno al 1870-75, il nobile mantovano conosce un certo Ceresa, operaio cannetese, tornato dalla Germania dopo avervi lavorato apprendendo l’arte di modellare la cartapesta. I due si organizzano e danno vita ad un laboratorio per la fabbricazione di maschere di carnevale. Le maschere erano realizzate in cartapesta, dipinte con colori vivaci e rappresentavano una molteplicità di soggetti.
L’attività ha però vita breve, probabilmente per lo scarso profitto che un tale prodotto offriva, ma la tenacia e l’inventiva dei due non si ferma: passano alla fabbricazione di bambole, sfruttando l’esperienza acquisita nella lavorazione della cartapesta, materiale che ben si adattava anche alla nuova produzione.
La società fra i due dura comunque poco e Luigi Furga Gornini prosegue da solo la sua avventura.
Le prime bambole avevano il corpo di cartapesta e la testa di cera (miscuglio di stearina, formaldeide e gesso). Le teste più piccole erano piene, quelle medie e grandi erano cave, ricavate dalla colata della cera negli stampi, con trasvuoto dell’eccedenza. Ma si trattava comunque di teste estremamente fragili: Luigi Furga va in Germania per conoscere da vicino quella produzione e qui impara l’uso di un preparato che, essiccando, andava a formare una pellicola trasparente, sufficientemente dura e tenace, per proteggere le teste delle sue bambole. Queste prime bambole avevano occhi dipinti, oppure in vetro, fissi, importati dalla Germania. Sulla testa, incollato, un ciuffo di mohair (importato dal Regno Unito) e, fra i capelli, una gala di colore intonato all’abito. Le gambe e le braccia erano snodate e il tutto era tenuto insieme grazie ad un elastico che passava attraverso il busto. L’abbigliamento era estremamente semplice.
Bambole di questo tipo durano in ogni particolare fin verso il 1918 (fine della prima guerra mondiale), tranne per le teste. Già negli ultimi anni dell’ottocento vengono introdotte le teste di porcellana biscuit, cioè di porcellana vetrata, che venivano dalla Germania.
Durante la guerra 1915-18 la fabbrica Furga rimane priva di teste di porcellana, perché non era possibile importarle dalla Germania. Si ricorre quindi a surrogati che danno non pochi inconveniente. Luigi Furga muore nel 1905 e la figlia, Carlotta Furga Gornini (conosciuta come ‘signora Lina’) decide di impiantare qui a Canneto, a guerra finita, un reparto che produca teste di porcellana. Alla fine del 1922 vengono prodotte le prime teste di porcellana che portano inciso dietro alla nuca “Furga-Canneto sull’Oglio-Italy”. Così sorge a Canneto una nuova e importante lavorazione che si trasforma ben presto dando vita ad uno stabilimento indipendente “Ceramica Furga” che impegna da 200 a 250 dipendenti per una quarantina d’anni.
La produzione di teste e bambole in biscuit continua, da parte della Furga, sino alla metà degli anni ’30, affiancata da altre meno costose (come il pastello e la cartapesta), ma non raggiunge mai i livelli qualitativi delle coeve francesi e tedesche. L’attività della Ceramica Furga prosegue parallela sino agli anni ’60, per la produzione di utensili da cucina e condutture per l’industria elettrica.
La Furga non ha produce solo bambole, dal racconto di alcune operaie della Furga sappiamo che, sul finire degli anni ’30 del ‘900, si producevano giocattoli d’ogni tipo, dallo zoo – con piccoli animali in cartapesta e serraglio in legno – ai pupazzi dal moto perpetuo, alle trottole, ai piccoli mobili.
Gli anni della Seconda Guerra Mondiale sono poco documentati: un Decreto Ministeriale del 3 ottobre 1942 vieta la fabbricazione di qualsiasi tipo di giocattolo. Ma nel 1944 troviamo una lettera con la quale la Furga chiede al Comando Germanico di “esonerare” un certo numero di lavoratori (elencati per nome) dal lavoro forzato in quanto indispensabili per la produzione dell’azienda. Non si specifica il tipo di produzione, ma forse era stata temporaneamente riconvertita in altri beni di stretto consumo e non “voluttuari”, come erano invece considerati i giocattoli.
Fotografie della sala campionaria della Furga, negli anni del dopoguerra, testimoniano la produzione di piccole giostre, pupazzi, animaletti trainabili, piccoli cavalli con carretto, cavalli a dondolo e la serie di personaggi prodotti su licenza della Walt Disney: Pinocchio, Geppetto, I sette nani, in cartapesta e legno. E, ovviamente, troviamo le bambole in cartapesta, in stoffa o in colaggio.
Nel 1946 la Furga acquista, dall’americana Elsie Gilbert Creation, i diritti della Trudy, una simpatica bambola che ride, piange e dorme. Fu un grande successo, seguito da numerosi altri.
Così la Furga produce il famoso pupazzo ‘Pigi’ (dalle iniziali del nome della creatrice), che, munito di una bandoliera, che portava scritto “il musichiere”, veniva offerto in dono ai partecipanti al gioco musicale televisivo chiamato appunto “il musichiere”.
La coppia dei gemelli “Andrea e Poldina” divine famosa, come famoso fu “Tonino”, un bebè con occhi formati da una semplice fessura che, seduto in seggiolone, batteva il cucchiaio sul piattino vuoto perché reclamava la pappa.
Sono innumerevoli le nuove creazioni dal 1945 in poi e moltissime le bambole semoventi, che camminavano tenute per mano o camminavano da sole, poste su un piedistallo scorrevole o spostando una gambetta dopo l’altra e che muniti di apparecchi parlanti a disco, ripetevano differenti frasi.
Le resine sintetiche danno l’avvio a nuovi sistemi produttivi, e gli arti delle bambole vengono prodotte con uno strato di lenzuolino vinilico, saldato elettronicamente, lavabile, e perciò infinitamente più igienico, di cui la Furga ottiene il brevetto. Nel 1954 inizia invece la produzione di bambole in polietilene, subito seguita dal vinile, nel 1956.
Ricostruire la storia della bambola significa anche ricostruire la storia della società e della cultura che l’ha prodotta: intorno al 1965, mentre le donne italiane guadagnano un ruolo sempre maggiore all’interno della società, la Furga crea bambole teen-ager, con gambe più lunghe rispetto alle precedenti, un corpo ancora acerbo ma in cui si intuisce la prossima maturità, lunghi e fluenti capelli, pronti per essere pettinati ed acconciati in mille modi. Ispirate ad attrici e cantanti in voga negli anni ’60, bambole come Susanna, Sylvie e Sheila (1965) e, qualche anno più tardi, Simona (1967) sono corredate da innumerevoli abiti, per ogni situazione e momento della giornata, mobili, profumi, parrucche, gioielli, borse, valigie e mille altri accessori. E proprio in questo sta il segreto del loro successo: vestendo, pettinando, facendo agire la propria bambola, la bambina si proietta in un mondo nuovo, fatto anche di frivolezze e civetteria, ma preparandosi soprattutto a vivere in modo diverso dalle precedenti generazioni la propria femminilità.
E se, fino all’immediato dopoguerra, bambole, giocattoli in legno e cavalli a dondolo quasi si equivalgono nella produzione, con le nuove tecnologie la Furga abbandona il legno. Verso la fine degli anni ’60 del ‘900 si producono ancora giocattoli, ma in plastica. Nei primi anni ’70 torna il legno con la linea GiocoFurga per la prima infanzia.
A metà degli anni ’70, proprio in coincidenza con una certa flessione nel mercato della bambola, l’aumento del costo del lavoro e delle materie prime, le forti turbolenze politiche e sindacali – la Furga conosce un periodo di profonde difficoltà.
Nel 1976, la Famiglia Furga perde il controllo dell’azienda, la produzione cambia con il mutare degli eventi e delle leggi di mercato, ma la crisi perdura ed i bilanci dell’azienda sono sempre più deficitari. A ciò si aggiunge l’agguerrita concorrenza delle grandi multinazionali del settore, capaci di condizionare enormemente il mercato con campagne pubblicitarie dai costi astronomici.
Gli anni ’80 e ’90 vedono, nel catalogo Furga, la riproposizione di modelli famosi come Andrea e Poldina o le bambole “d’alta moda” BiriBiki.
La Luigi Furga & C., che tanta parte ha avuto nella storia del giocattolo italiano, è stata chiusa nel 1992 ed il marchio Furga è rimasto soltanto quale linea produttiva della Grazioli spa, che la controllava dal 1977.
Nel 2000 la Grazioli S.p.a. è passata sotto il controllo della bergamasca GioStyle. In un articolo apparso sulla Gazzetta di Mantova del 2 marzo 2000, che annuncia la fusione delle due aziende, leggiamo: “Scompariranno del tutto le bambole, visto che è insostenibile la concorrenza del Far East, ma questo addio era già nell’aria da tempo, e infatti da almeno un anno l’azienda mantovana non produceva più i suoi storici pezzi originali, concentrata a vendere le rimanenze o ad assemblare pezzi comprati in Oriente”.